Documento redatto dai medici
E qui alcuni link: http://www.invs.sante.fr/surveillance/incinerateurs/default.htm
http://oem.bmj.com/content/67/7/493.abstract
Medecins contre l’incinérateur
Dio non paga il sabato (Ultimo editoriale del professor Panizon maestro e padre della pediatria italiana)
A tutte le categorie professionali, sociali ed economiche della Valle d’Aosta
INCENERIMENTO E SALUTE
Premessa
In qualità di Medici quotidianamente impegnati nei diversi settori della tutela della salute di anziani, adulti e bambini sia in Ospedale che sul Territorio, esprimiamo forte preoccupazione per il progetto di realizzare in Valle un impianto per lo smaltimento di rifiuti urbani ed ospedalieri, di fanghi da depurazione e di carcasse di animali denominato pirogassificatore.
Dopo attenta condivisione dei contenuti del presente documento e coerentemente con l’ art. 5 della recente formulazione del
Codice Deontologico dei Medici-Chirurghi – Educazione alla salute e rapporti con l’ambiente – che recita così: “Il medico è tenuto a considerare l’ambiente nel quale l’uomo vive e lavora quale determinante più importante della salute dei cittadini. A tale fine il medico è tenuto a promuovere una cultura civile per l’utilizzo appropriato delle risorse naturali anche allo scopo di garantire alle future generazioni la fruizione di un ambiente vivibile”…, riteniamo nostro dovere affermare che la tutela della salute deve rappresentare il primo valore da difendersi da parte della società civile e che ogni decisione, si debba prendere, deve essere finalizzata ad esso.
Rifiuti ed incenerimento
Gli aspetti sanitari connessi alla gestione ed allo smaltimento dei rifiuti hanno assunto rilevanza sempre maggiore sia per le amministrazioni pubbliche che per i cittadini. La necessità di superare progressivamente il sistema di conferimento indiscriminato in discarica ha costretto tutti ad interrogarsi sul come incrementare la percentuale di raccolta differenziata di prodotto da avviare al riciclo e sul come ridurre contestualmente il prodotto finale di rifiuto non riciclabile.
In Valle d’Aosta il Governo Regionale ha iniziato ad affrontare il problema con la proposta di un inceneritore, per passare poi a quella di un termovalorizzatore ed approdare infine a quella di un pirogassificatore, tutti e tre assimilati per legge ad impianti di incenerimento a caldo (art. 2 del D.Lgs. 133/2005…processi termici operanti in condizioni parzialmente ossidative – gassificazione – o in atmosfera inerte – pirolisi – , dal punto di vista normativo, sono equiparati alla combustione diretta dei rifiuti). Recenti e qualificati studi, riguardanti modelli basati sulla divisione in zone degli impianti, inclusi quelli di ultima generazione, dimostrano che le componenti molecolari, dissociate nelle zone di fiamma, tornano a riaggregarsi in atmosfera – anche grazie all’azione catalitica svolta dai metalli – attorno al particolato ultrafine che si forma proprio in ragione ed in proporzione delle alte temperature raggiunte.
Lungi dall’essere quindi distruttori di sostanze pericolose, come si sperava fino a qualche anno fa, gli inceneritori si sono rilevati, al contrario, veri e propri produttori, moltiplicatori e diffusori di sostanze geno-tossiche e cancerogene quali metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), molecole diossino-simili e particolato fine ed ultrafine (PM10, PM2,5 e PM0,1) (1), trasformando un semplice problema di igiene pubblica in un grave problema sanitario(2).
La formazione degli inquinanti dipende infatti, oltre che dal materiale combusto, anche dalla mescolanza assolutamente casuale delle sostanze nei forni, dalle temperature di combustione e soprattutto dalle variazioni delle temperature stesse che si realizzano nei diversi comparti e nei vari momenti del ciclo dell’impianto: accensione, funzionamento a regime e spegnimento.
Contesto geografico-ambientale regionale
La Valle d’Aosta è una vallata alpina collocata ai margini dell’area pianeggiante padana che, per l’alta concentrazione di insediamenti industriali e per la debole ventilazione di periodi significativi dell’anno, risulta essere tra le più inquinate d’Europa.
La stessa considerazione a proposito di circolazione d’aria sfavorevole vale per la nostra Regione dove, per almeno 1/3 dell’anno, come si evince dai rilevamenti meteorologici, si determina un ristagno d’aria a causa del fenomeno dell’inversione termica, con persistenza assai prolungata in atmosfera degli inquinanti prodotti sul nostro territorio, analogamente a ciò che è stato documentato in Trentino, regione dalle caratteristiche eco- orografiche sovrapponibili alle nostre (3).
Se si considera l’ambito regionale nel suo complesso poi, questo fenomeno assume rilevanza di gran lunga maggiore nell’area della Plaine che ospita 2/3 della popolazione valdostana oltre che attività agro-zootecniche importanti.
In un contesto ambientale come questo, le sostanze geno-tossiche e cancerogene prodotte da un impianto di incenerimento – ipotizzato dalla Giunta Regionale per l’appunto in un’area della Plaine – in aggiunta alle altre cause come: industria, traffico veicolare e riscaldamento domestico, non farebbero che aggravare la situazione di rischio per la salute di persone ed animali già reale attualmente (4).
Considerazioni generali di ordine sanitario
E’ noto che le innumerevoli fonti di inquinamento disseminate sul territorio arrecano gravi danni alla nostra salute ed a quella delle generazioni future. Essi sono provocati dal carico di molecole tossiche che si vanno accumulando nei tessuti umani nel corso degli anni.
L’E.P.A. (Environmental Protection Agency) americana alcuni anni fa definì queste molecole con il termine di body burden cioè zavorra chimica corporea, fardello destinato ad aumentare durante la nostra vita e tanto più “pesante” per organismi in accrescimento come quello dei bambini, quando esposti precocemente ed in modo prolungato nel tempo a tossici ambientali.
In questo contesto aggiungere nuove fonti di inquinamento, quali sono gli impianti di trattamento a caldo dei rifiuti, risulterebbe essere azione grave ed imprudente, anche perché esistono possibilità concrete di uno smaltimento alternativo di essi.
Infatti, ogni “macchina che brucia” emette un gran numero di sostanze pericolose per la salute, di cui molte non conosciute, prodotte dallo stesso processo di combustione che, notoriamente, trasforma sostanze inerti in sostanze pericolose ed altamente tossiche. Basti pensare a quel che succede con l’accensione di una sigaretta.
Al termine della combustione poi, anche le scorie come ceneri pesanti e leggere costituiscono un grande potenziale di rischio ambientale e sanitario di cui tener conto. Tra gli inquinanti emessi si ritrovano cancerogeni certi per l’uomo, che l’Agenzia per la Ricerca sul Cancro (IARC) colloca al 1° livello di cancerogenesi.
E’ questo il motivo per cui la legge classifica il Pirogassificatore come “Industria insalubre di 1^ classe” (art. 216 T.U. Delle Leggi Sanitarie – G.U. n. 220 del 20.09.1994, 129) e la Commissione Europea per l’Ambiente ne sconsiglia la realizzazione dentro le valli alpine
(cfr Guida della gestione dei rifiuti in aree di montagna – Commissione Europea – Lussemburgo: – Ufficio delle pubblicazioni ufficiali 2000 “…l’incenerimento
presenta numerosi inconvenienti, sopratutto ambientali, in quanto genera importanti impatti negativi sull’aria e sull’acqua ma anche sul piano paesaggistico; tali impatti sono aggravati, nelle aree di montagna, dalle condizioni naturali (rilievo e inversione termica) e sono maggiormente subiti a causa della fragilità del territorio. L’incenerimento non esclude la necessità di uno stoccaggio definitivo, in questo caso di rifiuti pericolosi, più oneroso e con vincoli più restrittivi….
…..sul piano economico, gli investimenti relativi alla costruzione e al funzionamento di un inceneritore non si giustificano a fronte dei benefici derivanti dal recupero di energia che restano marginali sia in relazione al contenuto energetico dei materiali sia in rapporto alla produzione di energia idroelettrica, meno inquinante e molto sviluppata nelle aree di montagna).
Al riguardo, l’esempio dei metalli pesanti è emblematico. Emessi dagli impianti, possono permanere lungamente in atmosfera, specie se legati al particolato ultrafine, possono entrare nelle catene alimentari e di qui nelle cellule e nei tessuti umani per via inalatoria con la respirazione, per via digestiva con l’alimentazione quotidiana, per via cutanea o addirittura per penetrazione diretta nel cervello attraverso i nervi cranici (5).
Numerosi studi tossicologici ed epidemiologici hanno dimostrato che l’esposizione quotidiana a quantità anche minimali di arsenico, cadmio (2), cromo, nichel, mercurio (2), piombo – la cui presenza nelle emissioni degli impianti a caldo è stata ribadita da una recente pubblicazione dell’Istituto Superiore di Sanità – rappresenta una minaccia concreta per la salute, con possibile incremento di infiammazioni croniche sistemiche e distrettuali, di malattie degenerative, tra cui aterosclerosi e malattia di Alzheimer, e di vari tumori.
Considerazioni relative all’area materno-infantile
Gli inquinanti diffusi da aria, acqua e dalla catena alimentare, costituenti la zavorra chimica di cui sopra, possono alterare non solamente i tessuti e gli organi ma anche le singole cellule, le loro membrane plasmatiche ed il loro DNA, modificandone anche solo il funzionamento se non la struttura originaria.
Infatti anche senza giungere a vere e proprie mutazioni genetiche, peraltro possibili, si possono determinare modificazioni epigenetiche (6) dell’assetto programmatico del DNA stesso. Questa sfasatura tra DNA ed epigenoma determinata dall’ambiente andrebbe ad interferire sul corretto sviluppo di tessuti ed organi anche a distanza di anni e addirittura di decenni.
E’ del tutto evidente che tali modificazioni sono tanto più gravi se si considera che possono già interessare le cellule germinali (ovociti e spermatozoi dei genitori esposti ad inquinanti). La stessa cosa dicasi per le cellule altamente indifferenziate dei tessuti embrionari nel primo trimestre di gravidanza e per quelle del feto in accrescimento nei successivi due trimestri di gravidanza, a causa di tossici giunti nella circolazione sanguigna materno-placentare (5); idem per quelle dei neonati allattati al seno da mamme che respirano e si alimentano in ambiente inquinato.
E’ di tutto rilievo il fatto che l’Italia si colloca tristemente al primo posto in Europa per incidenza di cancro nell’infanzia. Secondo i dati pubblicati nel 2008 (7), i tassi di incidenza per tutti i tumori nel loro complesso sono mediamente aumentati nel nostro paese del 2% all’anno, passando da 146.9 nuovi casi all’anno ogni milione di bambini nel periodo 1988-92 a 176 nuovi malati nel periodo 1998-2002.
In media, nell’ultimo quinquennio, per ogni milione di bambini in Italia ci sono stati 30 nuovi casi annuali in più rispetto alla media europea. La crescita è statisticamente significativa per tutti i gruppi di età e per entrambi i sessi.
In particolare nei primi 12 mesi di vita l’ incremento è addirittura del 3.2% annuo, a dimostrazione del fatto che l’esposizione ad inquinanti, prima ancora che i bambini, concerne i genitori e le mamme in particolare, soggette maggiormente durante la vita a bioaccumulo di tossici nel loro tessuto osseo e adiposo (8).
Tassi di incidenza in Italia sono nettamente più elevati di quelli riscontrati in Germania, Francia e Svizzera. Il cambiamento percentuale annuo risulta più alto nel nostro paese che in Europa sia per tutti i tumori (+2% vs 1.1%), che per la maggior parte delle principali tipologie di tumore infantile. A titolo di puro esempio, per i linfomi l’incremento è addirittura del 4.6% annuo vs un incremento in Europa dello 0.9%, per le leucemie dell’ 1.6% vs un + 0.6% europeo (5). A questo proposito, ha avuto vasta eco l’appello recentemente lanciato dalle pagine di Lancet, prestigiosa rivista di aggiornamento medico, dai ricercatori della Harvard School of Public Health (9). Essi hanno parlato di pandemia silenziosa che potrebbe affliggere in futuro il 10% dei bambini nei paesi industrializzati e che sarebbe conseguenza della diffusione di agenti inquinanti emessi da traffico, industrie e processi d’incenerimento.
Per quanto attiene all’area materno-infantile, ancor più che in altre aree della salute pubblica, si dovrebbe perciò tenere in alta considerazione l’assunto che quantità anche piccole di sostanze tossiche, assorbite per lunghi periodi di tempo, interferiscono a livello epigenomico molto di più di grandi quantità con cui si entri in contatto per un periodo limitato di tempo (8).
Studi epidemiologici e danni da incenerimento
E’ importante sottolineare come, nonostante le diverse metodologie di studio applicate ed i diversi fattori di “confondimento”, in molti lavori scientifici pubblicati siano emersi dati significativi di effetti dannosi per la salute, sia neoplastici che non, tanto nelle popolazioni residenti nei dintorni di impianti di incenerimento che nei lavoratori addetti. Particolarmente solide sono le evidenze concernenti le patologie neoplastiche: una revisione di 46 studi, condotti con particolare rigore, ha evidenziato un incremento statisticamente significativo in 2/3 degli studi che hanno analizzato incidenza, prevalenza e mortalità per cancro (10).
In particolare sono ben documentate l’associazione con linfomi non Hodgkin (11), cancro del polmone (12), neoplasie infantili (13) e sarcomi(14). In molti di questi studi proprio i sarcomi vengono ritenuti patologie “sentinella” del multiforme inquinamento prodotto da impianti di incenerimento.
Di grandissimo interesse risulta il recente studio sui sarcomi eseguito in provincia di Venezia (15). Esso ha dimostrato un rischio triplicato di sviluppare la malattia fra i soggetti con più lungo periodo e più alto livello di esposizione.
Il 2 aprile 2008 sono stati resi noti i risultati definitivi della ricerca francese condotta dall’ Institut de Veille Sanitaire nella popolazione adulta residente in prossimità di impianti di incenerimento (16). I risultati preliminari erano stati presentati nel novembre 2006 ed avevano riguardato 135.567 casi di cancro insorti nel periodo 1990-1999 su una popolazione residente in prossimità di 16 inceneritori di rifiuti urbani attivi tra il 1972 ed il 1990. Lo studio aveva considerato l’esposizione a diossine valutate in diverse percentuali. Le preoccupazioni a suo tempo emerse dai risultati preliminari si sono ulteriormente rafforzate alla pubblicazione di quelli definitivi di marzo 2008. Essi evidenziano i seguenti incrementi : sarcomi +22%, linfomi non Hodgkin +12% in entrambi i sessi ( + 18% nelle femmine), cancro del fegato + 16%, mieloma multiplo +16% in entrambi i sessi ( +23% nei maschi) e tumori nel loro insieme nelle donne +6%.
Ricordiamo anche come il recente studio condotto sulla popolazione del quartiere di Coriano a Forlì esposto a due impianti di incenerimento, uno per rifiuti urbani e l’altro per rifiuti ospedalieri, abbia evidenziato gravi danni per la salute, specie nel sesso femminile, con aumento statisticamente significativo del rischio di morte per tutte le cause e sopratutto per tutti i tumori, in particolare mammella, colon, stomaco (17).
Alla luce di quanto esposto, è particolarmente importante notare come l’incremento delle patologie neoplastiche abbia seguito abbastanza fedelmente i gradienti di concentrazione degli inquinanti in atmosfera. Studi indipendenti, condotti con metodi diversi, hanno portato a risultati fra loro comparabili, evidenziando in particolare la maggiore suscettibilità del sesso femminile alle emissioni degli impianti.
I nuovi inceneritori
Un breve cenno merita, a questo proposito, il dibattito sui nuovi inceneritori, così definiti perché caratterizzati da sistemi sofisticati e costosi per il contenimento delle emissioni: sistemi di neutralizzazione per alcuni gas acidi; sospensioni o torri di adsorbimento per mercurio e molecole diossino-simili; filtri a maniche, scrubber, precipitatori elettrostatici, multicicloni per il particolato etc.
E’ importante sottolineare come non soltanto la letteratura scientifica, ma gli stessi documenti ufficiali riconoscano che anche le tecnologie più efficienti possono ridurre le emissioni in atmosfera di vari inquinanti ma non impedirle. Sopratutto, non possono incidere sulla formazione degli inquinanti stessi, limitandosi a spostarli dai fumi alle ceneri, destinandoli comunque a finire nell’ambiente. Non possono altresì ridurre l’emissione di alcuni tra gli agenti inquinanti più pericolosi come il particolato ultrafine, anzi ne sono addirittura produttori (18). Così dicasi per il mercurio e altri metalli pesanti che trasformano i filtri in scarti ad altissime concentrazioni di agenti tossici, che dovranno essere a loro volta smaltiti in discariche per sostanze tossiche, con aggravi certi di costo sociale ed ambientale.
In pratica nemmeno gli inceneritori di ultima generazione possono aggirare il principio di Lavoisier relativo alla conservazione della materia: in natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma; in questo caso, in sostanze potenzialmente molto pericolose.
Conclusioni
Come Medici, siamo molto preoccupati che la Giunta Regionale perseveri nella decisione di costruire un pirogassificatore, sostenendo un’efficienza solo presunta e comunque limitata nel tempo dell’incenerimento di ultima generazione e rifiutando alternative possibili più sicure e più economiche. Riteniamo che sia grave togliere valore ad importanti studi epidemiologici che hanno evidenziato risultati significativi, a volte drammatici, per quanto concerne le popolazioni direttamente esposte. Infatti le evidenze epidemiologiche, tossicologiche e sperimentali relative agli inquinanti emessi dagli inceneritori di rifiuti, pubblicate di recente, non consentano deroghe all’obbligo della prevenzione. Facciamo riferimento soprattutto alle numerose e qualificate conoscenze emerse circa l’accumulo dei principali inquinanti nell’ambiente, nelle catene alimentari e nell’organismo umano ed alla trasmissione materno-fetale degli stessi, con il susseguente pericolo di una trasmissione ed amplificazione trans- generazionale di danni genetici o epigenetici (19).
Quanto esposto consiglia vivamente a coloro che si occupano di smaltimento dei rifiuti l’applicazione del principio di precauzione (art. 301, secondo comma, D.Lgs. 152/2006 : “quando la salute o l’ambiente possono essere danneggiati da un’attività, andrebbero prese misure precauzionali anche se alcuni rapporti di causa ed effetto non sono stati provati scientificamente in maniera completa. In questo contesto, il peso della dimostrazione dell’innocuità dovrebbe ricadere su chi propone l’attività piuttosto che sul pubblico. Il principio di precauzione è il principio generale del diritto comunitario che fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici.”).
Nel caso specifico la prevenzione primaria (20) non ci pare affatto irrealizzabile dal momento che sussiste la concreta possibilità di recuperare nella quasi totalità i materiali al termine di una filiera corretta, implementando pratiche di riduzione, recupero e riciclo (18).
Respingiamo la presunta necessità di un loro smaltimento mediante
soluzioni inquinanti e dannose per la salute collettiva come la discarica attuale ed i sistemi di incenerimento futuri (21). Essi oltre che immettere direttamente in atmosfera notevoli quantità di inquinanti, producono scorie pericolose e tossiche che necessitano a loro volta di specifico smaltimento, in una sorta di circolo vizioso che rischia di danneggiare l’ambiente in modo irreversibile.
Riteniamo infine che gli uomini di scienza, ed i medici in particolare, non possano limitarsi a studiare i meccanismi patogenetici connessi alla esposizione cronica di uomini, donne e bambini ai vari inquinanti ed a quantificare a posteriori il danno sulle popolazioni direttamente o indirettamente esposte.
Quindi, in coerenza con l’art. 5 del nuovo Codice deontologico, come operatori ma anche educatori alla salute, ribadiamo la necessità di tutelare questo bene prezioso, anche attraverso una particolare attenzione all’ambiente che della salute è fattore determinante, per stimolare la società civile a comportamenti virtuosi ed attenti alla persona, al fine di garantire un avvenire sostenibile per le attuali generazioni e di alimentare uno sviluppo solidale e rispettoso di quelle future.
Aosta 26.08.2012
Bibliografia
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