La norma che disciplina la campagna elettorale è la Legge 4 aprile 1956, n. 212. All’art. 9 effettivamente vieta “i comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda” e fissa le sanzioni.La Corte Costituzionale, però, con una sentenza del 1995 (la n. 161) sembra proprio aver creato un precedente rispetto all’irragionevolezza di tale norma. Nella sentenza, infatti, la Corte fa un’importante distinzione, in materia di pubblicità negli ultimi 30 giorni dalla data del voto, tra le campagne elettorali da quelle referendarie.
In pratica la sentenza sostiene che le rigide limitazioni per lo svolgimento della pubblicità hanno ragione di esistere in campagna elettorale, cioè per le elezioni politiche e amministrative, per evitare che i cittadini, nei trenta giorni che precedono le elezioni, ricevano insistenti slogan e messaggi pubblicitari che potrebbero “suggestionare”(par condicio). Invece, per la campagna referendaria è diverso perché qui i messaggi pubblicitari tendono ad essere brevi proprio per la natura binaria del quesito (sì/no). La sentenza dice che, quindi, “queste rigide limitazioni alla pubblicità nel caso del referendum, possono ridurre, oltre la ragionevolezza, gli spazi informativi e di promozione”.
Noi la bandiera la lasciamo dov’è.
A questo punto ognuno decida come fare. Molti cittadini ci hanno confermato che terranno esposte le bandiere comunque.
Osserviamo d’altronde che nelle precedenti consultazioni referendarie nazionali (ricordiamo i referendum del 2011) i Comuni valdostani non sono mai intervenuti per chiedere la rimozione di eventuali bandiere.
In ogni caso, a tutti coloro che le toglieranno, chiediamo di sostituirla con una bandiera o un drappo bianco come simbolo della difesa della libertà di espressione e della volontà di dire Sì alla salute.
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