Lettera DI una professoressa

 

Troppi politici intralciano il nostro difficile ruolo di insegnanti

L’altro pomeriggio ho sostato per dieci minuti, inebetita, davanti al manifesto antireferendario che recita: “Non andare a votare in democrazia è un diritto”. L’ho dovuto rileggere tante volte quell’infelicissimo slogan, inizialmente certa di aver capito male. Il primo augurio tra me e me è poi stato: speriamo che i miei alunni non leggano questo messaggio, loro che finalmente stanno raggiungendo i sospirati diciotto anni e sono emozionati all’idea di votare per la prima volta. Ma la mattina seguente, con lo sguardo pungente tra il deluso e l’arrabbiato, appena entrata in classe mi hanno messa con le spalle al muro: “Ma prof, non ci aveva detto che il diritto di voto è prezioso perché frutto di aspre conquiste? Non ci parlava di lotte che hanno visto scontrarsi i pochi potenti che nella storia hanno sempre fatto l’impossibile per conservare lo status quo, per detenere tutti i privilegi, e la massa convinta da due guerre mondiali a ritagliarsi finalmente un suo spazio politico?” A pormi la domanda è proprio quella alunna che tante volte mi aveva detto di non credere nella politica perché sostenuta sempre dai carrieristi e dai corrotti. Povera stella, è nata nel 1994 insieme al primo governo berlusconiano… Ma io, nel mio ruolo di educatrice motivata, non ho mai perso occasione per spiegarle che no, la politica ha anche una dimensione ideale, solo un po’ offuscata: si tratta di recuperare quella spinta etica al cambiamento che gli antichi filosofi greci ancora sanno indicarci. Ma ora che gli stessi politici danno addosso al mio già difficile ruolo d’insegnante, io scelgo di rinunciare alla mia consolidata linea diplomatica e a chiare lettere ti dico: cara la mia studentessa, quello slogan che ti invita a disertare le urne il 18 novembre è profondamente lesivo nei tuoi confronti di giovane alle prime esperienze di partecipazione politica e fortemente offensivo per noi cittadini tutti. E lo è ancor più nei confronti di noi donne che, cercando nella storia chiavi di lettura per il fosco presente, dobbiamo confrontarci col fatto che, mentre in Italia mia mamma e tua nonna hanno potuto votare solo dal 1946, le loro coetanee turche già ventanni prima… Allora sai che ti dico? Vai a votare il 18 novembre, cara ragazza, per poi verificare tu stessa che alle prossime elezioni quanti oggi ti invitano a startene a casa ti pregheranno in ginocchio di uscire. Ma tu non temere mai di esprimere il tuo libero pensiero critico, qualunque sia il prezzo che dovrai pagare. E invita con te tutti i tuoi amici, anche quelli che non vedessero l’ora di sniffare polveri sottili e di ammalarsi di cancro. Non impedire a tutti quanti, con la tua assenza, di raggiungere il quorum e di prendere quindi posizione, qualunque sia l’idea di ciascuno. Se non usi la testa qualcuno subito lo farà al tuo posto, ma attenta: come diceva Max Weber, dietro i leader carismatici si nascondono despoti mascherati.

Daria Pulz, docente di Storia, Educazione civica e Filosofia presso il Liceo classico di Aosta


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